Tutele per i rider: il cerchio si chiude…ma non è rotondo.

di Federico Martelloni
Articolo pubblicato in contemporanea con Volere la Luna.
Le collaborazioni etero-organizzate mediante piattaforme digitali.

Il decreto-legge n. 101 del 3 settembre scorso, recante Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e la risoluzione delle crisi aziendali, ultimo atto del governo giallo-verde in materia di lavoro, incorpora un pacchetto di disposizioni a tutela dei lavoratori della gig economy e, in particolare, dei ciclofattorini impegnati nella consegna di beni (e cibo) a domicilio.
Il cerchio, insomma, si chiude, ma non è rotondo: il Ministro del lavoro Di Maio aveva, infatti, inaugurato il proprio incarico incontrando proprio i rider, nel giorno del suo insediamento; tuttavia, il nucleo di disposizioni contenute nellart. 1, capo I del decreto in questione, appare ben al di sotto delle aspettative che erano maturate nel corso della lunga trattativa condotta, ai tavoli ministeriali, tra le organizzazioni sindacali – inclusi i sindacati informali rappresentativi dei ciclofattorini di Bologna, Roma, Milano e Torino – e le piattaforme di Food Delivery. In quella sede, erano state prospettate diverse soluzioni possibili, alcune delle quali, oggi, riassunte in proposte di legge di iniziativa regionale (Umbria, Piemonte ed Emilia-Romagna) e in emendamenti governativi presentati in occasione della conversione in legge di due diversi decreti, benché altrettante volte giudicati inammissibili.

Se le soluzioni poc’anzi richiamate impattavano, innanzitutto, sulla qualificazione dei rapporto di lavoro mediati da piattaforme digitali, dilatando ora la nozione di subordinazione, ora quella di collaborazioni etero-organizzate, così da assoggettare, nell’un caso e nell’altro, la disciplina del rapporto di lavoro dei ciclofattorini a quella generalmente prevista dal diritto del lavoro subordinato, l’opzione prescelta dal legislatore tempera le iniziali ambizioni, limitandosi a precisare la norma che le disposizioni in merito alle collaborazioni organizzate dal committente contenute nell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015 si applicano «qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali». Una definizione di tali infrastrutture è resa dal secondo comma dell’art. 47-bis, incluso nel successivo Capo V-bis, ove è precisato che «si considerano piattaforme digitali i programmi e le procedure informatiche delle imprese che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, organizzano le attività di consegna di beni, fissandone il prezzo e determinando le modalità di esecuzione della prestazione».

La novella non amplia, dunque, l’ambito d’applicazione della disposizione avente la funzione di equiparare, quod effectum, il lavoratore subordinato al collaboratore organizzato dal committente con riguardo al tempo e al luogo di lavoro, limitandosi a chiarire che l’etero-organizzazione del committente non è affatto esclusa dalla mediazione di infrastrutture e sistemi digitali.
Al contrario, se da un lato la norma conferma la plausibilità dell’interpretazione fornita dalla più recente giurisprudenza torinese, chiamata a pronunciarsi sulla qualificazione dei rapporti di lavoro dei rider di Foodora, nella specie considerati dalla corte d’Appello alla stregua di collaboratori etero-organizzati, non trova alcun riscontro testuale l’ipotesi che, attraverso la norma in discorso, sia stata introdotta una presunzione di etero-organizzazione per i lavoratori delle piattaforme. Non si profila, difatti, alcuna presunzione assoluta – in passato introdotta tramite la formula “si considerano”, ospitata sia nell’art. 69 comma 3, d.lgs. n. 276/03 per le collaborazioni a progetto, prive dell’omonimo requisito essenziale – o relativa, ma, semmai, si rammenta ai giudici che la definizione di tempi e luoghi di lavoro non necessita di indicazioni o istruzioni fornite da un soggetto in carne ed ossa, potendo discendere anche da un’infrastruttura anonima, governata da un algoritmo.
Pur maturata nel contesto delle rivendicazioni dei ciclofattorini impegnati nella consegna di cibo a domicilio, la disposizione, immediatamente valida ed efficace a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 4 settembre 2019, ha un campo d’applicazione più esteso rispetto al settore del food-delivery ed anche del più ampio settore delle consegne di beni a domicilio: essa ha una valenza generale, applicandosi ad ogni attività di lavoro personale, attuale o futura, organizzata attraverso piattaforme digitali. 

Le tutele specifiche per i ciclofattorini inquadrati come lavoratori autonomi.

Più ristretto è, per contro, il campo d’applicazione delle disposizioni contenute all’all’art. 1, comma 1, lett. c), del decreto, ove trova collocazione uno specifico Capo V-bis, finalizzato a riconoscere tutele – che, con scelta oltremodo discutibile, entreranno in vigore solo dopo 180 giorni dalla conversione in legge del decreto, ex art. 47-quater, comma 2 – ai lavoratori delle piattaforme che svolgano attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di biciclette, moto o motorini, occupati con rapporti di lavoro autonomo, diversi dalle collaborazioni etero-organizzate, atteso che anche in questa seconda ipotesi i prestatori sarebbero destinatari dell’intero universo di tutele assicurate ai lavoratori subordinati in ragione dell’art. 2 del d.lgs. n. 81/2015, novellato nel modo suddetto.
Per i rider autonomi e parasubordinati, tuttavia, non s’introduce il divieto di cottimo, richiesto con insistenza dai diversi attori sindacali, anche per l’aumento dei rischi che detta forma di pagamento determina per salute e sicurezza sul lavoro, ma ci si limita a prescrivere che il pagamento a consegna non costituisca la modalità prevalente di compenso. L’esplicita apertura normativa ad una sorta di “cottimo misto” è, peraltro, affiancata ad una disposizione non meno preoccupante, che subordina il compenso orario alla «condizione che, per ciascuna ora lavorativa, il lavoratore accetti almeno una chiamata» (art. 47-bis, comma 3, ultimo periodo), che non è detto sia, però, assicurata dai misteriosi algoritmi, specie in caso di flotte numerose.
La preoccupazione per un’effettiva tutela della salute e sicurezza dei ciclofattorini è, per altro verso, attestata dall’espresso richiamo alle norme contenute nel d.lgs. n. 81/2008, applicabili non più, soltanto, ai collaboratori coordinati e continuativi la cui prestazione si svolga nei luoghi di lavoro del committente (secondo la previsione dall’art. 3, comma 7), ma anche a prestatori di lavoro la cui attività si dipana – come noto – sulle strade delle città.
Non irrilevante, da ultimo, è la scelta di assicurare copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al DPR n. 1124/1965, a carico dell’impresa (art. 47-ter). Peraltro il legislatore precisa che per la base imponibile la determinazione del premio INAIL è rappresentata dalla retribuzione convenzionale giornaliera prevista per i lavoratori subordinati (attualmente pari a 48,20 euro), non frazionabile a seconda del numero di ore effettivamente lavorate, con conseguente equiparazione dei rider inquadrati come prestatori di lavoro autonomi ai lavoratori dipendenti.