La Corte di cassazione approva il salario minimo

"Pubblichiamo un commento alle sentenze pubblicate dalla Corte di Cassazione in data 2 ottobre  diffuse da Silvia Balestro. Dovrebbe essere di imminente deposito anche una terza, discussa dal nostro socio Alberto Guariso nella stessa udienza del 14 settembre: a questo punto possiamo dire che, sul punto, l'orientamento del Supremo Collegio è univoco. Vi terremo informati sulle iniziative che intendiamo intraprendere sul tema del salario voluto dall'art. 36 Costituzione "

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LA CORTE DI CASSAZIONE APPROVA IL SALARIO MINIMO

Con la recentissima sentenza 02 ottobre 2023 n. 27711 (e con altre due contemporanee sentenze “gemelle”) la corte di Cassazione, giudicando di controversie in tema di retribuzione adeguata ai sensi dell’art. 36 Cost. ha fissato fondamentali principi, particolarmente importanti al momento attuale, perché in perfetta sintonia con i criteri ispiratori ed i contenuti del progetto di legge sul salario minimo legale presentato unitariamente dai partiti del centro-sinistra e di prossima discussione in Parlamento. La sentenza ribadisce, anzitutto e soprattutto, la primazia e superiorità, rispetto ad ogni altra norma giuridica, della norma costituzionale dell’art. 36, che garantisce al lavoratore una retribuzione  adeguata al suo lavoro e sufficiente per garantire a lui ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa.

In particolare la Corte di Cassazione sottolinea che le tariffe salariali previste dai contratti collettivi, ancorché – si badi – sottoscritti dai sindacati comparativamente più rappresentativi, non possono considerarsi sempre e di per sé conformi al dettato costituzionale, pur costituendo per il Giudice il primo e naturale riferimento. La loro corrispondenza al precetto dell’art. 36 Cost. è soltanto una presunzione relativa, e non assoluta, che deve essere soppesata e valutata dal Giudice anche guardando “al di fuori” dell’ambito di quel contratto collettivo, e dunque a contratti collettivi di ambiti vicini, ad indici legislativi (es. importo di CIG, NASPI), nonché a previsioni di atti e convenzioni soprannazionali. E sulla base di questi rilievi il Giudice può e deve stabilire una retribuzione più alta, se del caso, di quella prevista dal contratto collettivo anche se sottoscritto dai Sindacati maggiormente rappresentativi.

E’ lo stesso criterio-base del progetto di legge del centro-sinistra sul salario minimo legale: massima e generale applicazione dei contratti collettivi sottoscritti dai Sindacati comparativamente più rappresentativi, ma con previsione della salvaguardia di un importo retributivo orario conforme all’art. 36 Cost. (gli € 9 orari), sotto il quale neanche il contratto collettivo può andare.

Per converso, queste affermazioni della Cassazione “battono in breccia” il criterio, che sarà senza dubbio proposto dal CNEL di Brunetta (e dei suoi “jobs-act boys”), del salario minimo come “rinvio in bianco” alla contrattazione collettiva, e non solo a quella dei Sindacati comparativamente più rappresentativi.

Ma in queste sentenze della Corte di Cassazione vi è di più perché vengono altresì indicati i possibili legittimi riferimenti del Giudice, il quale si accinga, applicando l’art. 36 Cost., a correggere verso l’alto la retribuzione che valuta insufficiente ed inadeguata.

Particolarmente importanti sono le considerazione che si leggono ai punti 24.2 e seguenti della motivazione della sentenza, nei quali si ricorda ed indica il criterio di cui alla Direttiva UE 2041/2022 (almeno il 50% del salario medio) “che nel nostro paese può essere individuato anche attraverso i dati Uniemens censiti dall’INPS” (punto 25.1 della motivazione). Che è esattamente quello che hanno fatto i partiti presentatori del progetto di legge del centro-sinistra quando hanno individuato l’importo minimo di € 9, corrispondente, secondo le tabelle Uniemens, al 50% del salario medio per i lavoratori a tempo indeterminato e “full-time” (si confronti, in proposito, il nostro articolo sul “Fatto” del 11 settembre 2023). La sintonia, dunque, è completa, e sorge spontanea questa domanda: perché i partiti governativi non prendono atto della possibilità giudiziaria, già oggi, e di cui fa fede la Corte di Cassazione, di ottenere adeguamenti salariali almeno fino ad € 9 orari da parte di tutti i lavoratori (sono milioni) che percepiscono salari inferiori? E ciò – si badi – anche se la misura inferiore è prevista, al limite, da un contratto collettivo sottoscritto dai Sindacati comparativamente più rappresentativi. Preferiscono, forse, i partiti governativi avere migliaia ed anzi, potenzialmente, milioni di controversie di lavoro – cui la sentenza della Cassazione ha ormai aperto la via – ad una legislazione nuova, ma equa ed equilibrata sul salario minimo?

Prof. Avv. Piergiovanni Alleva

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