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Diritti e democrazia sotto attacco: gli ultimi preoccupanti sviluppi alla ex GKN di Campi Bisenzio

di Silvia Ventura

La scorsa settimana il liquidatore della ex GKN ha posto in essere condotte e avanzato dichiarazioni che costituiscono un attacco diretto a lavoratori senza stipendio da mesi, nel tentativo di criminalizzare la lotta sindacale e portare la vicenda sul piano dell’ordine pubblico.

“Comma 2 Lavoro è Dignità” esprime la propria solidarietà ai lavoratori ex GKN che negli ultimi giorni sono stati oggetto di azioni e dichiarazioni che in un Paese democratico destano preoccupazione ed hanno il sapore dell’intimidazione.

Ogni giorno di più alla ex GKN di Campi Bisenzio si gioca infatti un pezzo del diritto del lavoro e sindacale di questo Paese.

Il ventidue marzo il liquidatore, smentendo la narrazione con cui è stata intossicata l’informazione da oltre tre anni, di uno stabilimento “occupato” e “inagibile”, si è presentato in azienda – ove è regolarmente entrato - cercando però di insediare presso un presidio sindacale una agenzia di investigazione privata.

A stretto giro, in vista del tavolo di crisi già previsto per il prossimo ventisei marzo, la Società viste “le denunce presso la procura di Firenze, Roma, Frosinone, visto l'immobilismo della prefettura di Firenze e i fatti gravi, ivi inclusi rave party (...)”, ha chiesto un tavolo di sicurezza presso il Ministero dell’Interno ed ha comunicato la propria indisponibilità ad alcun confronto sino ad un non meglio precisato ripristino della legalità presso lo stabilimento di Campi Bisenzio. La società di fatto chiede di trasformare un tavolo sociale, per la risoluzione di una crisi aziendale, in un tavolo di ordine pubblico, vuole la criminalizzazione della lotta sindacale e questo fatto va denunciato con forza.

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Lavoratrici in gravidanza. Condotta discriminatoria di ITA Airways

di Michelangelo Salvagni

La condotta discriminatoria di ITA Airways nella procedura di selezione delle lavoratrici in gravidanza.

Corte App. Roma, Sent. 06.02.2024, n. 475, Pres. Rel. Casablanca, P.A. L. e M.M. (Avv.ti T. Laratta e F. Verdura), nonché Consigliera di Parità della Città Metropolitana di Roma Capitale (Avv. G. Baldoni) c. ITA Airways – Italia Trasporti Aereo S.p.a. (Avv.ti M. Marazza e D. De Feo).

“E’ discriminatoria la condotta del datore di lavoro che, in un processo di selezione del personale relativo ad un piano di assunzioni, esclude le prestatrici in ragione del loro stato di gravidanza”.

  1. Considerazioni preliminari.

La fine è nota! La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 6.2.2024, n. 475, ha accertato la discriminazione subita da parte di due lavoratrici, in ragione del loro stato di gravidanza, e consistente nella loro mancata assunzione da parte della società ITA.

Il caso, vista la fattispecie discriminatoria che ha interessato le lavoratrici, sembrerebbe di semplice soluzione ma, in realtà, è stato contraddistinto da provvedimenti caratterizzati da diverse soluzioni interpretative. In breve, una prima decisione che accertava la discriminazione e condannava la società solo ad un risarcimento del danno; un successivo provvedimento che ribaltava completamente le statuizioni del primo giudice e respingeva le domande delle ricorrenti, dichiarando l’insussistenza della condotta discriminatoria e del conseguente danno; da ultimo, la sentenza della Corte di appello di Roma che, invece, nel confermare la condotta discriminatoria, ha condannato la società al risarcimento del danno, conseguente alla accertata discriminazione, ma, soprattutto, a differenza delle statuizioni del primo decreto del Tribunale di Roma, ha ordinato “la rimozione degli effetti della condotta discriminatoria mediante la selezione e assunzione” delle lavoratrici quali assistenti di volo.

  1. Il caso di specie.

La vicenda riguarda due ex-assistenti di volo di Alitalia che si erano candidate per essere assunte dalla Compagnia Aerea ITA Airways, presentando regolare domanda di “adesione” e che, tuttavia, non erano state chiamate per la selezione.

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Il licenziamento discriminatorio del disabile per superamento del comporto: la Suprema Corte consolida il suo orientamento (Cass. 21/12/23 n. 35747)

di Michelangelo Salvagni

Corte di Cassazione 21 dicembre 2023, n. 35747: il licenziamento discriminatorio del disabile per superamento del comporto. 

  1. Licenziamento del disabile per superamento del comporto e discriminazione indiretta: i termini della questione.

Alla luce dei recenti orientamenti della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 31 marzo 2023, n. 9095 e Cass. 21 dicembre 2023, n. 35747), appare consolidarsi l’indirizzo sulla nullità del licenziamento del lavoratore disabile (o portatore di handicap), per discriminazione indiretta, in ragione del superamento del periodo di comporto causato dal mancato scomputo delle assenze collegate alle proprie patologie.  Il tema d’indagine riguarda le seguenti principali direttrici:
a) il possibile allargamento della nozione di “handicap”, di derivazione comunitaria, come mutuata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, anche per patologie - a carattere duraturo e tali da ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nell’adempimento della propria prestazione - che non rientrano in quelle tabellari o “validate” dagli organi competenti che riconoscono i casi di invalidità ex l. 68/99 o di disabilità ex l.104/92;
b) la nullità delle clausole dei contratti collettivi, per discriminazione indiretta a norma del d.lgs. 216/2003 (e della direttiva 2000/78/CE), allorchè esse non prevedano lo scomputo delle malattie dovute a disabilita o handicap
c) l’obbligo di accomodamenti ragionevoli che il datore deve adottare al fine della salvaguardia del posto di lavoro del disabile;
d) la ripartizione degli oneri probatori, anche con riferimento alla circostanza che, secondo la Suprema Corte, la discriminazione opera oggettivamente. 

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NOTA a provv. del 29.02.2024 Tribunale penale di Taranto

di Massimiliano Del Vecchio
[Visualizza sentenza] 29/02/2024 - Tribunale di Taranto Sez. I penale 

A. M., di appena 35 anni, è morto il 12 giugno 2015 per essere stato attinto da una fiammata proveniente dall’Altoforno n. 2 dello Stabilimento Siderurgico di Taranto, mentre eseguiva le operazioni di misurazione della temperatura di colata.

Le operazioni in cui il M. era addetto imponevano la adozione di precise cautele, in particolare protezione della postazione di lavoro con schermi ignifughi e predisposizione di coperture alla bocca di colata che convogliassero le fuoriuscite di fiamme e calore verso il basso.
Dette cautele non erano presenti ed anche la loro omissione, nella ipotesi accusatoria del procedimento penale instaurato, ha determinato il decesso.
Il Tribunale penale di Taranto, pertanto, con sentenza resa il 29 febbraio 2024, ha condannato il Direttore dello Stabilimento, il Direttore dell’area ghisa e il Capo area ghisa per l’omicidio del povero M., rispettivamente il primo alla pena di anni sei e per gli altri due anni cinque di reclusione, oltre, per tutti, la sanzione accessoria della interdizione per cinque anni dai pubblici uffici.
La vicenda fu oggetto di uno dei decreti salva Ilva che consentì l’esercizio dell’impianto nonostante il sequestro penale conseguito al verificarsi dell’infortunio mortale. Quel decreto fu annullato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 58 del 2018, che ritenne allora che il Governo non avesse dimostrato nessuna considerazione per la salute e la vita dei lavoratori, privilegiando ingiustificatamente le esigenze della produzione.
Fu imposta, quindi, la realizzazione delle suddette misure di protezione.
Oggi la magistratura ha reso giustizia in questa triste vicenda, condannando peraltro l’Amministrazione Straordinaria dell’Ilva Spa ad una sanzione pecuniaria di euro ottocentomila/00 ai sensi del d lgs 231 del 2001: tale condanna presuppone, come è noto, l’accertamento che il reato sia stato consumato dai preposti titolari di posizione di garanzia nell’interesse ed a vantaggio della società, dunque per realizzare maggiori profitti a discapito della protezione della salute e della incolumità dei lavoratori.
Vi è da dire che la sentenza del Tribunale di Taranto assolve tra gli altri imputati il direttore generale dello stabilimento dal reato di omissione di cautele perché prescritto nei suoi confronti e dal reato di omicidio per non avere commesso il fatto, ed altresì assolve il capo turno e il tecnico di colata perché il fatto non costituisce reato.

 

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Il Tribunale di Firenze revoca i nuovi licenziamenti dei lavoratori ex GKN, ma serve l’intervento pubblico.

di Silvia Ventura
Articolo pubblicato in contemporanea con Volere la Luna.

La procedura di licenziamento collettivo avviata lo scorso 18 ottobre 2023 dalla ex GKN di Campi Bisenzio viene revocata dal Tribunale di Firenze, stesso esito dei licenziamenti annunciati il 9 luglio 2021.
La società, neo denominata dalla nuova proprietà subentrata al fondo finanziario Melrose Industries nel dicembre del 2021 niente meno che Fiducia nel Futuro della Fabbrica a Firenze s.p.a., non ha mai ripreso l’attività produttiva, è in liquidazione volontaria dal 9 febbraio 2023 e continua ad adottare comportamenti illegittimi nei confronti di lavoratori e Sindacato.
Si accerta nuovamente la natura antisindacale della condotta societaria che questa volta, oltre a violare gli obblighi informativi e di consultazione previsti dalle norme di legge, dal contratto collettivo metalmeccanici industria e dall’accordo quadro siglato tra le parti il 19 gennaio 2022, questa volta ha anche omesso di effettuare le comunicazioni alle rappresentanze sindacali previste dal decreto Todde – Orlando, il c.d. decreto anti delocalizzazioni, che devono precedere l’avvio della procedura di licenziamento collettivo, pena l’invalidità della stessa.
La sezione lavoro del Tribunale di Firenze, con motivazione chiara e puntale, ha accertato nel caso di specie la piena sussistenza di tutti i requisiti oggettivi e soggettivi che impongono l’effettuazione delle preliminari comunicazioni a Sindacato ed altri soggetti istituzionali da parte delle aziende che intendano cessare l’attività sul territorio nazionale.
Viene quindi accolto il ricorso ex art. 28 dello Statuto dei Lavoratori promosso dalla FIOM CGIL di Firenze Prato e Pistoia, viene revocata la comunicazione di avvio dei licenziamenti e viene ordinato a QF s.p.a. di effettuare le comunicazioni previste dal richiamato decreto.
Il provvedimento giudiziale riaccende i fari su una vertenza che tuttavia non ha mai smesso, sin dal lontano 9 luglio 2021, di essere protagonista.
La vittoria è del Sindacato che ha deciso di promuovere l’azione di condotta antisindacale.
La vittoria è però il frutto delle lotte passate che hanno strappato la promulgazione dello Statuto dei Lavoratori nel 1970 e poi l’implementazione di obblighi specifici ed ulteriori all’interno della contrattazione collettiva.

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Ancora sullo sciopero generale del 17 novembre

di Elena Poli
Articolo pubblicato in contemporanea sulla rivista Questione Giustizia

Note sui provvedimenti del Governo e della Commissione di Garanzia per l’Attuazione della Legge sullo Sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali: preoccupazione della salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati in contemperamento con la salvaguardia del diritto di sciopero, assistito da pari tutela costituzionale, oppure intento di contrastare le iniziative di lotta dei lavoratori e delle loro OOSS?

E’ ancora in atto la vicenda che ha visto gli interventi congiunti della Commissione di Garanzia per l’Attuazione della Legge sullo Sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali e del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, entrambi e di concerto diretti ad imporre alle Confederazioni Sindacali CGIL e UIL la riduzione della durata delle astensioni conseguenti alla proclamazione dello Sciopero Generale indetto per il 17 novembre scorso. 

Conviene, per valutare il fondamento e gli effetti di tali interventi, riassumerne gli arresti.

In data 27 ottobre le Confederazioni CGIL e UIL Nazionali comunicavano alla Commissione di Garanzia ed a tutti i soggetti interessati l’indizione di uno sciopero generale nazionale, che avrebbe coinvolto anche tutti i settori pubblici e privati tenuti al rispetto della Legge n. 146/90 di regolamentazione dell’esercizio del diritto di sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali[1] con astensione dal lavoro per l’intera giornata.

Espressamente le Confederazioni dichiaravano che la mobilitazione aveva il fine di ottenere il cambiamento della proposta di Legge di Bilancio in via di approvazione e delle politiche economiche e sociali adottate dal Governo nonché a sostegno delle piattaforme sindacali unitarie presentate (e mai prese in considerazione) per ottenere provvedimenti in materia di lavoro, politiche industriali, fisco, previdenza, pensioni, istruzione e sanità finalizzati alla riduzione delle disuguaglianze ed al rilancio della crescita economica del paese.

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La costituzione è la posta in gioco

Siete tutti al corrente di ciò che sta accadendo nel nostro Paese. Stiamo assistendo ad un vero e proprio attacco alla democrazia e non possiamo permetterlo. Alleghiamo il testo dell'appello di ASGI al quale abbiamo deciso di aderire come Direttivo di Comma2. Sono comunque aperte le adesioni personali: potete inviarle all'indirizzo di posta elettronica indicato nell’appello.

L’Ufficio di Presidenza Comma2

Nell’ambito di un sistema democratico, fondato sui principi fondamentali della Repubblica, le libertà e i diritti garantiti dalla Costituzione, nonché sul bilanciamento tra i diversi poteri dello Stato e la loro separazione, quello che sta accadendo in Italia assume contorni di forte preoccupazione.
Il timore principale è che quanto originato da singoli episodi - da ultimo, i feroci attacchi alle decisioni di alcuni Tribunali (in particolare Catania e Firenze) in materia di immigrazione - abbia già travalicato i confini della ordinaria dialettica istituzionale e si possa estendere sino a minare principi basilari che sono garantiti sia dallo svolgimento della funzione giurisdizionale, sia dalla libertà di manifestazione del pensiero e la libertà di riunione.
Sono, infatti, messi in discussione principi fondamentali della Costituzione e fatti oggetto di attacchi personali coloro che, nei vari ruoli, osano opporre all’impianto legislativo del governo una lettura giuridica diversa, fondata su norme costituzionali o di pari valore, come quelle europee e internazionali.
Abbiamo assistito a dichiarazioni da parte di esponenti del Governo in carica di sconcertante gravità, nel caso riguardante la giudice Apostolico addirittura accompagnate dalla riesumazione di video di anni fa che (non è chiaro per qual motivo) avrebbero dovuto comportare la sua astensione dal prendere una decisione giudiziaria e, dunque, le sue dimissioni; a ciò si sono aggiunte dichiarazioni tali da sminuire gravemente la funzione (sociale e costituzionale) dell’avvocatura, con l’evidente scopo di intimorire professionisti singoli e associazioni.
Affermazioni alle quali hanno fatto seguito e continuano a riprodursi servizi giornalistici e televisivi che additano a singoli giudici, avvocati e associazioni addirittura la responsabilità del fallimento delle attuali politiche nel perseguire gli scopi dichiarati in materia di immigrazione. Attacchi che riguardano anche giudici che hanno concluso da tempo il loro ruolo ed è evidente che l’obiettivo è di intimorire la magistratura tutta e gli operatori giuridici dallo svolgere il loro ruolo nel rispetto della legge; quella legge di cui, però, nessuno parla.

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La Corte di cassazione approva il salario minimo

"Pubblichiamo un commento alle sentenze pubblicate dalla Corte di Cassazione in data 2 ottobre  diffuse da Silvia Balestro. Dovrebbe essere di imminente deposito anche una terza, discussa dal nostro socio Alberto Guariso nella stessa udienza del 14 settembre: a questo punto possiamo dire che, sul punto, l'orientamento del Supremo Collegio è univoco. Vi terremo informati sulle iniziative che intendiamo intraprendere sul tema del salario voluto dall'art. 36 Costituzione "

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LA CORTE DI CASSAZIONE APPROVA IL SALARIO MINIMO

Con la recentissima sentenza 02 ottobre 2023 n. 27711 (e con altre due contemporanee sentenze “gemelle”) la corte di Cassazione, giudicando di controversie in tema di retribuzione adeguata ai sensi dell’art. 36 Cost. ha fissato fondamentali principi, particolarmente importanti al momento attuale, perché in perfetta sintonia con i criteri ispiratori ed i contenuti del progetto di legge sul salario minimo legale presentato unitariamente dai partiti del centro-sinistra e di prossima discussione in Parlamento. La sentenza ribadisce, anzitutto e soprattutto, la primazia e superiorità, rispetto ad ogni altra norma giuridica, della norma costituzionale dell’art. 36, che garantisce al lavoratore una retribuzione  adeguata al suo lavoro e sufficiente per garantire a lui ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa.

In particolare la Corte di Cassazione sottolinea che le tariffe salariali previste dai contratti collettivi, ancorché – si badi – sottoscritti dai sindacati comparativamente più rappresentativi, non possono considerarsi sempre e di per sé conformi al dettato costituzionale, pur costituendo per il Giudice il primo e naturale riferimento. La loro corrispondenza al precetto dell’art. 36 Cost. è soltanto una presunzione relativa, e non assoluta, che deve essere soppesata e valutata dal Giudice anche guardando “al di fuori” dell’ambito di quel contratto collettivo, e dunque a contratti collettivi di ambiti vicini, ad indici legislativi (es. importo di CIG, NASPI), nonché a previsioni di atti e convenzioni soprannazionali. E sulla base di questi rilievi il Giudice può e deve stabilire una retribuzione più alta, se del caso, di quella prevista dal contratto collettivo anche se sottoscritto dai Sindacati maggiormente rappresentativi.

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Presentazione articolo

Pubblichiamo, in contemporanea con Volerelaluna, un interessante intervento di Carlo Sorgi, ex magistrato che negli anni passati ha condiviso con Comma2 la battaglia contro il lavoro povero e per il salario minimo, che si pronuncia a favore della firma della petizione proposta in tema dalle “opposizioni”.

La nostra associazione non può che essere lieta che, finalmente, questo tema occupi le prime pagine dei giornali: conseguentemente auspica che le forze politiche promotrici della proposta di legge - e quelle sindacali che l’hanno appoggiata -  vogliano, con coerenza, fare tutto il possibile affinché essa vada in porto. Così, purtroppo, non è accaduto in passato, come evidenzia Sorgi nel suo articolo. 

La Presidente del Consiglio, spiazzata dagli ampi consensi registrati dai sondaggi a favore del salario minimo legale, nel tentativo di arginare una valanga che potrebbe fortemente compromettere la sua popolarità, con i suoi alleati di governo sembra voglia farsi paladina della contrattazione collettiva in alternativa al salario minimo per legge: dovrebbe, però, in tal caso affermare di ritenere giusto che, nel caso in cui un contratto collettivo lo preveda, sia lecito lavorare a tempo pieno per meno di 700 euro netti al mese. Questo fenomeno, infatti, riguarda certamente i cd. “contratti pirata”, che vengono inventati - e applicati da datori di lavoro spregiudicati  - all’unico scopo   di ridurre i diritti economici e normativi dei lavoratori e delle lavoratrici; ma può, purtroppo, coinvolgere anche contratti collettivi sottoscritti da associazioni sindacali maggiormente (e comparativamente) più rappresentative. È, perciò, con un certo imbarazzo che abbiamo assistito, negli ultimi anni, a pronunce dei Giudici del lavoro di numerose città che hanno accertato come “tariffe sindacali” fissate – per  determinati settori –  da organizzazioni sindacali tradizionali ,  fossero al di sotto della soglia di povertà, e conseguentemente in contrasto con l’art. 36 della Costituzione che impone che qualsiasi retribuzione sia idonea a garantire un’esistenza libera e dignitosa.  

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