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NOTA a provv. del 29.02.2024 Tribunale penale di Taranto

di Massimiliano Del Vecchio
[Visualizza sentenza] 29/02/2024 - Tribunale di Taranto Sez. I penale 

A. M., di appena 35 anni, è morto il 12 giugno 2015 per essere stato attinto da una fiammata proveniente dall’Altoforno n. 2 dello Stabilimento Siderurgico di Taranto, mentre eseguiva le operazioni di misurazione della temperatura di colata.

Le operazioni in cui il M. era addetto imponevano la adozione di precise cautele, in particolare protezione della postazione di lavoro con schermi ignifughi e predisposizione di coperture alla bocca di colata che convogliassero le fuoriuscite di fiamme e calore verso il basso.
Dette cautele non erano presenti ed anche la loro omissione, nella ipotesi accusatoria del procedimento penale instaurato, ha determinato il decesso.
Il Tribunale penale di Taranto, pertanto, con sentenza resa il 29 febbraio 2024, ha condannato il Direttore dello Stabilimento, il Direttore dell’area ghisa e il Capo area ghisa per l’omicidio del povero M., rispettivamente il primo alla pena di anni sei e per gli altri due anni cinque di reclusione, oltre, per tutti, la sanzione accessoria della interdizione per cinque anni dai pubblici uffici.
La vicenda fu oggetto di uno dei decreti salva Ilva che consentì l’esercizio dell’impianto nonostante il sequestro penale conseguito al verificarsi dell’infortunio mortale. Quel decreto fu annullato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 58 del 2018, che ritenne allora che il Governo non avesse dimostrato nessuna considerazione per la salute e la vita dei lavoratori, privilegiando ingiustificatamente le esigenze della produzione.
Fu imposta, quindi, la realizzazione delle suddette misure di protezione.
Oggi la magistratura ha reso giustizia in questa triste vicenda, condannando peraltro l’Amministrazione Straordinaria dell’Ilva Spa ad una sanzione pecuniaria di euro ottocentomila/00 ai sensi del d lgs 231 del 2001: tale condanna presuppone, come è noto, l’accertamento che il reato sia stato consumato dai preposti titolari di posizione di garanzia nell’interesse ed a vantaggio della società, dunque per realizzare maggiori profitti a discapito della protezione della salute e della incolumità dei lavoratori.
Vi è da dire che la sentenza del Tribunale di Taranto assolve tra gli altri imputati il direttore generale dello stabilimento dal reato di omissione di cautele perché prescritto nei suoi confronti e dal reato di omicidio per non avere commesso il fatto, ed altresì assolve il capo turno e il tecnico di colata perché il fatto non costituisce reato.

 

E’ necessario attendere il deposito della motivazione per comprenderne le ragioni, ma appare verosimile che il Giudice abbia ritenuto provata la inadeguatezza del modello organizzativo di prevenzione del rischio, imputando tale omissione alla linea apicale della dirigenza dello stabilimento al tempo del reato.
Invero risulterebbe specificamente violato, quindi, l’art. 71 co.3 D. lgs. N. 81/2008 e s.m.i., che prescrive: “…i lavoratori addetti alle operazioni di colata e quelli che possono essere investiti da spruzzi di metallo fuso o di materiali incandescenti devono essere protetti mediante adatti schermi o con altri mezzi…”.

 

Vi è che, però, nonostante le grandi difficoltà di accertamento in considerazione della elevatissima temperatura cui fu esposto il corpo, si è potuto ragionevolmente sostenere che il lavoratore non fu dotato neanche di cappa alluminizzata ignifuga nell’espletamento della mansione, di talchè risulterebbero violati anche l’art 18 co. 1 lett. f) D. Lgs. 81/2008: “il datore di lavoro e i dirigenti devono richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione…”; e art.19 co.1 lett. a) D. Lgs. 81/2008: “I preposti secondo le loro attribuzioni e competenze, devono sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti...”
Ho difeso vittoriosamente nel processo la Fiom Cgil a tutela degli interessi collettivi dei lavoratori, con l’ammissione al risarcimento richiesto.
Tra gli scopi istituzionali della Fiom Cgil, invero, rientra quello precipuo (art. 2 Statuto) di promuovere la sicurezza, la salute e la integrità dei lavoratori e di contrastare tutti quei processi produttivi che possano arrecare danno, direttamente e indirettamente, alla collettività, all'ambiente e/o alla salute e all'integrità dei lavoratori e dei cittadini. La morte del M., vittima di condotte datoriali violative dei doveri di protezione e sicurezza, ha rappresentato per il Sindacato un innegabile vulnus al suo prestigio e alla efficacia della sua azione sul territorio; è evidente, pertanto, come la condotta degli imputati abbia corrisposto ad una fattispecie plurioffensiva, dove anche l'interesse collettivo alla sicurezza ed alla prevenzione degli infortuni facente capo al Sindacato medesimo è stato leso e frustrato, come tralaticiamente, ormai, rileva la giurisprudenza di legittimità, essendosi realizzato un danno "immediato e diretto" sofferto dal sindacato, "concretizzatosi nella lesione del prestigio e della credibilità dello stesso”, derivante dalla vanificazione del perseguimento e della realizzazione dei fini Istituzionali propri di tale organismo collettivo, quali la tutela della salute e dell'integrità psico- fisica dei lavoratori.

Massimiliano Del Vecchio
Avvocato del Foro di Taranto

 

 

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Tel.: +39 349 2855 451
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