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La Cassazione ripensa il lavoro tramite agenzia interinale

di Antonio Carbonelli
Articolo pubblicato sul Blog de Il Fatto Quotidiano.

Un altro tassello si aggiunge al contrasto alla distruzione del diritto del lavoro provocata dalla teologia economica liberista.

Con le sentenze 22861, 23490, 23494, 23495, 23497, 23499 e 23531 del luglio scorso, la Corte di cassazione ha smontato altrettante sentenze della Corte d’appello di Brescia in tema di lavoro tramite agenzia interinale (come lo chiama la legislazione europea), o somministrazione di manodopera (come lo chiama la legislazione italiana).

In tal modo la Suprema Corte italiana ha recepito i principi imposti dalla Corte di Lussemburgo con due sentenze del 14.10.20 e del 17.3.22.

Dov’è la novità? Molto semplice: la Cassazione italiana si era spinta a dire che il requisito della temporaneità dell’esigenza produttiva sottostante non [sarebbe] richiesto dall’ordinamento nazionale (cass. 3466/17) e che la Direttiva 2008/104/CE, relativa al lavoro tramite agenzia interinale … a differenza della Direttiva 1999/70/CE, non [porrebbe] l’obiettivo della prevenzione dell’abuso del ricorso alla somministrazione (cass. 6152/18), e alcuni giudici che la disciplina normativa della somministrazione consent[irebb]e la successione dei contratti senza alcuna soluzione di continuità e senza alcun limite di tempo, legittimando la precarizzazione ad vitam.

La CGUE, invece, nel 2020 ha dichiarato che L’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia interinale, deve essere interpretato nel senso che esso … osta: a) a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, b) nonché ad una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l’assegnazione ad un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva 2008/104 nel suo insieme. Nel collegio giudicante era entrato anche il presidente dell’intera Corte: segno dell’importanza assegnata alla questione.

In particolare, missioni successive assegnate al medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice eludono l’essenza stessa delle disposizioni della direttiva 2008/104 e costituiscono un abuso di tale forma di rapporto di lavoro, in quanto compromettono l’equilibrio realizzato da tale direttiva tra la flessibilità per i datori di lavoro e la sicurezza per i lavoratori, a discapito di quest’ultima (punto 70), e ciò in particolare quando in un caso concreto non viene fornita alcuna spiegazione oggettiva al fatto che l’impresa utilizzatrice interessata ricorra a una successione di contratti di lavoro tramite agenzia interinale, a maggior ragione laddove a essere assegnato all’impresa utilizzatrice in forza dei contratti successivi in questione sia sempre lo stesso lavoratore tramite agenzia interinale (punto 71).

La sentenza del 2022 aggiunge inoltre che ciò che rileva sono le modalità della messa a disposizione di un lavoratore presso l’utilizzatore (punto 31), che le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive (punto 95), che è pur sempre necessario un adeguato sistema sanzionatorio e che occorre non privare il ricorrente del diritto di far valere la durata totale della sua missione presso l’impresa utilizzatrice.

La Cassazione italiana ha ora recepito tali principi e rinviato a nuovo esame in appello una serie di casi, potendo inserirsi l’utilizzazione del medesimo lavoratore mediante agenzia interinale entro un quadro complessivo di durata di utilizzo superiore a quello ammissibile alla luce di una interpretazione della normativa nazionale che possa definirsi conforme al diritto dell’Unione europea, tenuto conto che un’interpretazione conforme della normativa interna impone di verificare se, nel caso concreto, anche sulla base degli indici rivelatori indicati dalla Corte di giustizia, nonostante l’intervenuta decadenza dall’impugnazione del singolo contratto, il successivo e continuo invio mediante missioni del medesimo lavoratore possa condurre a un abusivo ricorso all’istituto della somministrazione.

Una vera e propria rivoluzione, imposta dall’Europa.

Restano aperte, ovviamente, questioni ulteriori, come l’applicabilità di tali principi a) ai rapporti tra lavoratore e somministratore; il lavoratore può non avere interesse a far valere i propri diritti verso un utilizzatore fallito o di dimensioni ridotte – b) ai rapporti già definiti in modo non conforme al diritto dell’Unione: con un risarcimento a carico dello stato italiano – c) alla somministrazione a tempo indeterminato, staff leasing, che parte della dottrina vorrebbe escludere: ma le sentenze e la Direttiva 2008/104 sul lavoro tramite agenzia interinale non contengono una parola che legittimi la distinzione – d)  ai rapporti costituiti dopo il Decreto Dignità del 2018, che pure parte della dottrina vorrebbe escludere: ma la CGUE si pone su un piano diverso, e anche ora sono possibili manovre elusive del diritto dell’Unione.

La precarizzazione del lavoro, dunque, teorizzata per primo dall’economista Hicks nel 1989, continua a provocare problemi applicativi.

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