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Le cause di lavoro diminuiscono sempre di più

Comma2 – Lavoro è Dignità

           La considerevole diminuzione delle cause di lavoro è la percezione che molti di noi hanno, ormai da tempo. È una percezione corretta? Per dare una risposta a questa domanda, l’Associazione Comma2 Lavoro è Dignità ha analizzato i dati forniti dal Ministero della giustizia e ne ha fatto tema di discussione all’ultima assemblea tenuta a Bologna nell’ottobre scorso. I dati studiati partono dal 2014 e arrivano al 2021 e quella che era la percezione di partenza, ha trovato il suo concreto riscontro: in questo arco temporale la diminuzione media su tutto il territorio nazionale è notevole, senza precedenti.

           Nel 2014 sono stati iscritti a ruolo (considerando insieme tribunali e corti di appello di tutto il territorio nazionale) 404.144 procedimenti complessivi in materia di lavoro (ordinari, speciali, ingiunzioni, rito Fornero, ecc.) Nel 2021, 257.512. La flessione in percentuale dal 2014 al 2021, costante nel tempo, si attesta a circa il 36%.

Questo il dato generale. Ma il Ministero indica anche dati disaggregati, per “gruppi” di controversie in virtù della loro natura.

Se prendiamo, ad esempio, i dati per le iscrizioni a ruolo per rapporti da privato (così definito), questi sono i numeri nel corso degli anni (totalità dei tribunali e delle corti di appello italiani): anno 2014, 84.236; 2015, 74.674; 2016, 72.309; 2017, 66.811; 2018, 63.603; 2019, 62.501; 2020, 55.040, 2021, 55.238. Una leggera risalita – ma minima – si verifica confrontando i numeri del 2020 con il 2021, ma il 2020 è stato l’anno del lockdown, dei tribunali chiusi per oltre due mesi. Il crollo, si può ormai dire, è strutturale ed è analogo per tutti gli ulteriori ambiti.

            Le ragioni di tutto questo, considerando che nel quasi 100% dei casi sono i lavoratori che iniziano la causa? I motivi sono molti, come emerso nell’assemblea, ma alcuni prevalgono indubbiamente sugli altri. Il primo è sotto gli occhi di tutti: la normativa è cambiata. I diritti e le tutele per le lavoratrici e i lavoratori sono diminuiti e per molti aspetti crollati. Una tendenza che viene da lontano e che non riguarda solo l’abrogazione (la sua morte lenta, come qualcuno l’ha definita) del “famoso” art. 18 sulla reintegra in caso di licenziamento abusivo, iniziata con la legge Fornero (2012) e proseguita con il jobs act di Renzi (2015). Ma riguarda – e forse soprattutto – una normativa che rende sempre più precario il lavoro (gli imprenditori, elegantemente, lo definiscono flessibile: potenza della lingua italiana!). Un lavoratore precario, in continua attesa della stabilizzazione o del successivo ennesimo contratto, sempre precario, è un lavoratore ricattabile che difficilmente andrà in tribunale.

            Altra questione, i costi. Fino al 2011 le cause di lavoro erano esenti da ogni imposta o tassa. Ma da allora non è più così. Il lavoratore che inizia una causa deve oggi versare una tassa, che ammonta a qualche centinaio di euro. Una tassa che aumenta considerevolmente nei successivi gradi di giudizio e che diventa una vera e propria sanzione in caso di rigetto dell’appello o della cassazione. Non vi è quindi solo la condanna alle spese legali in caso (spesso incolpevole) di sconfitta; una condanna che da alcuni anni è diventata nei fatti un automatismo, sottratto per legge alla discrezionalità dei giudici. Ma vi è anche, in caso di rigetto del secondo o successivo grado di giudizio, l’obbligo al pagamento del doppio della tassa. Sì, una vera e propria sanzione, che per qualcuno dovrebbe addirittura aumentare. In un suo studio citato in rete, il prof. Carlo Cottarelli (il Cottarelli che si vede sempre in televisione, il Cottarelli presidente del consiglio incaricato per un giorno (ricordate? era il 2018), il Cottarelli che oggi è senatore del PD) ha dichiarato che il doppio è poco, bisogna condannare al quadruplo! Ma allora perché non 8, 16 o 32 volte? È vero, Cottarelli non parlava solo delle cause di lavoro, ma nello stesso tempo (da quanto si legge su Il Dubbio del 6 giugno 2020) nessuna parola per escluderle da questa proposta.

            I lavoratori sono “brutti, sporchi e cattivi” (rubiamo il titolo a un bellissimo film di Ettore Scola), soprattutto se decidono di fare una causa. E caso mai dovessero perdere – e spesso non è certo per colpa loro – non solo subiranno tutte le possibili conseguenze sul posto di lavoro (se ancora lo avranno), ma dovranno subire anche una sanzione da parte dello Stato! Qualcuno potrebbe dire che non ci sono tasse sul processo se i redditi sono bassi (fino tre volte la pensione sociale). E così, ma il calcolo per l’esenzione è sul reddito familiare e, pertanto, se ad esempio una donna senza reddito dovesse avere la fortuna di essere sposata ad un uomo con un (minimo) stipendio, dovrà pagare e basta (una bella politica per la famiglia!)

            I motivi che ci vengono continuamente ricordati sono sempre gli stessi: il sistema non ce la fa, le cause sono troppe, eccetera eccetera. Ma come abbiamo visto, le cause di lavoro sono già crollate nel giro di pochi anni. Lo scopo (di chi? è facile immaginarlo …) è stato già raggiunto e se la tendenza dovesse continuare (ed è molto probabile che sarà così), a breve le cause di lavoro diventeranno una vera rarità. Le cause crollano perché crollano i diritti, e quelli che sono rimasti è difficile e costoso vederli riconosciuti nell’unico luogo che uno Stato democratico – uno Stato che deve rimuovere ogni ostacolo alla libertà e alla vera uguaglianza – deve garantire: il tribunale. E l’accesso in questo luogo dovrebbe essere agevole e non irto di ostacoli, soprattutto per chi, nei fatti, è meno uguale degli altri.

Comma2 – Lavoro è Dignità

 

 

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